La regia di Zanussi esalta la magia del Re pescatore
Come Avignone e come Il Piccolo, l'Istuto del Dramma Popolare di San Miniato compie il mezzo secolo. Cinquanta Feste del Teatro, la prima nel numero 47 e l'anno dopo l'allestimento strehleriano dell'Assassinio nella cattedrale di Eliot, hanno alimentato, pur fra alti e bassi, un Teatro dello Spirito sulle alture di San Miniato di Pisa. Una drammaturgia cristiana che ha saputo spesso essere all'ascolto del mondo contemporaneo, con il contributo di centinaia di autori, registi, attori.
Per lo spettacolo del cinquantenario è stato chiamato Zanussi, polacco e cattolico, che ha ormai un solido posto nel teatro e nel cinema europei. Unica sua opera teatrale, Le roi p^echeur (titolo bifronte: Re pescatore-peccatore; stupendo interprete un Giulio Brogi di saturnine malinconie) racconta di un custode del Graal al quale oscure colpe d'amore hanno inferito un'inguaribile piaga, rendendolo indegno di officiare con la Sacra Reliquia. Il suo castello a Monselvage «muore della sua stessa malattia». La bellissima Kundry (Ludovica Tinghi, affascinante ma un po' acerba) è colei che l'ha infettato, enigmatica Parca di un regno d'ombre dove agiscono il vendicativo mago Clingsor (Piero Caretto, con l'estro ambiguo che fu di un Osvaldo Valenti) e il fool scacciapensieri Kaylet (il Meoni, versatile mimo). L'arrivo del giovane Cavaliere errante Perceval (la rivelazione Bocciarelli, portato alla ribalta del Premio della Vocazione di Montegrotto) che cerca nel Graal gloria e salvezza con un'impazienza fustigata dal saggio Trevrizent (il Garrone, eremita da antologia), mette in moto un apologo dove coesistono simbolismo e misticismo e dove la lotta fra colpa e riscatto è affondata nel Golgota delle coscienze: di Perceval, che della purezza fa la regola di un'ascesi; di Kundry, che nell'amore per lui intravede la redenzione, e nel re che cede infine al Cavaliere senza macchia la vita, il regno e la reliquia.
Uomo di cinema Zanussi ha trovato immagini e situazioni per un racconto filmico che ha incantato il pubblico e ha sciolto in un vedutismo fiabesco un testo letterario restituito ai suoi valori poetico-filosofici.
UGO RONFANI, Il Giorno 20 luglio 1996
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